Nell’affrontare immersioni subacquee, capita spesso di trovare molto più di ciò che ci si aspettava: le profondità marine sono ricche di sorprese per chi osa avventurarvici supportato da un equipaggiamento all’avanguardia come i DPV Suex, come ha dimostrato la spedizione del SDSS nelle Egadi.
Come raccontato in una nostra Suex Story, la Società per la Documentazione di Siti Sommersi (SDSS) ha avviato l’esplorazione sottomarina del tratto di mare tra Marettimo, Levanzo e Favignana in Sicilia, Italia per studiare i relitti di un’importante battaglia navale combattuta all’epoca dell’Antica Roma.
La spedizione, tuttavia, non è solo di natura archeologica: se non c’è dubbio che l’obiettivo primario sia di recuperare e studiare il maggior numero possibile di reperti del campo di battaglia più antico finora scoperto, è ugualmente interessante osservare come la natura si è adattata alla loro presenza.
Per oltre 2mila anni, infatti, questi elementi artificiali hanno giaciuto sul fondo del mare, ormai fuori dalla portata dei loro costruttori originali, ma a disposizione di numerose creature acquatiche: i resti delle imbarcazioni romane e cartaginesi affondate nel corso della Battaglia delle Egadi nel 241 AC sono così diventati un habitat ideale per numerose specie marine.
Una precedente spedizione aveva già osservato la ricchezza della fauna marina presente sul sito: tra tutti i reperti, spiccava un rostro di un’imbarcazione di Cartagine colonizzato da almeno 114 specie invertebrate, che avevano dato vita a una complessa comunità coesistente.
Nello specifico, come riportato dall’American Association for the Advancement of Science (AAAS) via EurekAlert:
Il rostro, soprannominato “Egadi 13”, è stato recuperato nel 2017 da un fondale marino a circa 90 metri di profondità dagli archeologi marini della Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia, diretti dal dottor Sebastiano Tusa, in collaborazione con i subacquei dell’organizzazione Global Underwater Explorers.
È costituito da un unico pezzo cavo di bronzo, inciso con un’indecifrabile iscrizione punica, ed è lungo circa 90 cm, spesso 5 cm sul bordo anteriore e ha un peso di 170 kg. Poiché il rostro è cavo, ha accumulato organismi e sedimenti sia all’interno che all’esterno.
Il team responsabile per il ritrovamento riuscì a recuperare il rostro permettendo così l’avvio di una doppia ricerca: archeologica da una parte e biologica dall’altra, allo scopo di ricostruire come è avvenuta la colonizzazione e ottenere informazioni utili per la preservazione della fauna marina.
Il primo report pubblicato su Frontiers in Marine Science:
Egadi 13, che è rimasto sul fondale sedimentario per più di 2000 anni, ha avuto il tempo sufficiente per stabilire una comunità stabile a lungo termine composta da organismi bentonici sia a fondo duro che molle. […] Il rostro mette in evidenza le dinamiche della colonizzazione biologica su larga scala spaziale e funge da indicatore rilevante per lo studio della biodiversità marina. […] La presenza nel rostro di specie comuni a diversi habitat funge da “memoria ecologica” della presenza di tali habitat nei fondali marini circostanti ed evidenzia l’elevata biodiversità marina nella regione dell’arcipelago delle Egadi.
Si può quindi solo immaginare quante altre scoperte storiche e zoologiche potrà fare la spedizione del SDSS, guidata da Mario Arena, grazie al know how dell’organizzazione e alla tecnologia di scooter sottomarini forniti da Suex.
I nostri scooter DPV sono al fianco dei subacquei di tutto il mondo, dagli esploratori come Mario Arena agli appassionati che vogliono scoprire il mondo sottomarino.